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Crespo: “A Roma momenti meravigliosi, era una Lazio grandiosa. Bodo? Penso che..:”

Hernan Crespo
Le parole del Valdanito, intervenuto ai microfoni di Radiosei, sulla sua attuale carriera da allenatore e sulla sua esperienza alla Lazio
Edoardo Benedetti Redattore 

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Intervenuto ai microfoni di RadioseiHernan Crespo ha raccontato la sua attuale vita da allenatore, ripercorrendo alcuni momenti salienti della propria carriera con particolare riferimento, ovviamente, alla LazioValdanito, poi, ha commentato anche la cocente delusione per l'eliminazione ai quarti di finale di Europa League dopo i tiri di rigore contro il Bodo/Glimt. Queste le parole di Crespo: “Da giocatore mi sono divertito tanto, dopo ci sono ovviamente momenti difficili, responsabilità. Ho fatto quello che mi appassionava e ho dato il meglio di me. Ho sempre rispettato la professione e i tifosi. E mi sono divertito tanto.

Come allenatore, invece, sono molto della famiglia di Ancelotti. Un po’ perché in Italia è stato il mio primo allenatore, un po’ per stile di conduzione del lavoro. Alla fine, voleva vincere. Cerco di avere un’atmosfera serena nel lavoro, consapevole delle pressioni che possono avere certe squadre e rispettando gli obiettivi della società. Il mio modo di essere non cambia, ero così da calciatore e sono così da allenatore. Credo che il calcio sia dinamico e in costante aggiornamento, bisogna dare il meglio di sé stessi. Alla fine della fiera facciamo tutti, più o meno, gli stessi esercizi e abbiamo tutti lo stesso stile.

È importante avere un’identità chiara e forte per essere protagonisti, la mia filosofia è di dare l’anima per provare a vincere. Alcune cose le puoi controllare, con la metodologia e il lavoro, e altre no. Ma è così quando accetti le regole di un gioco. Ho avuto la possibilità di allenare ovunque: Europa, Sud America, Asia… ma il fulcro è sempre il giocatore. L’idea è quella di aggiungere valore a società e giocatore: la società ti rende migliore e il giocatore rende l’allenatore migliore. E poi l’obiettivo è di rendere il giocatore migliore tramite l’allenatore. Enzo Ferndandez per me è un orgoglio, oggi è titolare del Chelsea e io l’ho avuto al Defensa y Justicia.

È tutto merito suo, ovviamente, ma aver influito anche in minima parte nella sua crescita, che lo ha portato a essere campione del mondo, fa piacere. Più che ispirarmi ad Ancelotti cerco di far vivere un’atmosfera positiva come fa lui. Se parlo come allenatore il trofeo più importante è aver vinto la Coppa sudamericana con il Defensa y Justicia. Dopo quindici anni di astinenza siamo riusciti a vincere un titolo in Brasile, poi sono andato in Asia e abbiamo fatto il triplete domestico, l’anno scorso invece ho vinto la Champions League asiatica. Insieme a Lippi e Scolari siamo gli unici tre ad aver vinto trofeo continentali in due continenti differenti.

Allenare in Italia? Perché no? Ci ho vissuto per vent’anni, conosco il paese. Lazio? Mi sono ritrovato in una metropoli, è stata una grande Lazio. Al primo anno abbiamo pagato la mancanza di sete, l’anno prima si era vinto lo Scudetto. La seconda stagione è stato invece travagliata, forse eravamo già in un periodo decadente. Era andato via Nesta. Sono stati dei giorni meravigliosi, ricordo il 4-1 contro la Juventus all’Olimpico, il 4-3 in Supercoppa contro l’Inter. Sono stati momenti bellissimi. Ricordo anche le partitelle in allenamento, era difficilissimo segnare a Peruzzi con Nesta e Mihajlovic o, dall’altra parte, a Marchegiani con Couto e Stam.

Era complicato. Era una Lazio grandiosa, anche sull’altra sponda c’erano grandissimi giocatori. Questo è per rendere l’idea di cos’era il calcio italiano e la Lazio in quel periodo. Era molto divertente stuzzicare l’avversario all’epoca, oggi non so se si può fare sinceramente. Cammino per Roma e oggi mi fermano sia laziali che romanisti, ho il massimo rispetto per tutti. Bodo? Vincere non è mai semplice. È sempre importante arrivare ai quarti di finale di Europa League, il Bodo sembrava alla portata.

Sei uscito ai rigori, dolorosissimo. Ma penso che la squadra abbia dato il massimo, dopo si può sbagliare. Bisogna gettare le basi per essere competitivi e giocare competizioni internazionali. Se esci con il rammarico vuol dire che potevi essere nelle quattro di Europa League ed è importante. Usciamo con il rammarico e questo vuol dire tantissimo sul valore della Lazio. È un’ottima base per costruire il futuro. Quando arrivai a Roma”.

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