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Castroman: “La Lazio è casa mia oggi come il primo giorno”

Lazio: Lucas Martin Castroman
Tutte le parole, tra passato e futuro, dell'ex centrocampista biancoceleste Lucas Castroman intervenuto ai microfoni ufficiali del club
Edoardo Benedetti Redattore 

Intervenuto ai microfoni ufficiali del club l'ex centrocampista della Lazio Lucas Martin Castroman ha ripercorso il suo periodo in biancoceleste e non solo.

"Ieri passeggiavo per Roma, ho visto lo store biancoceleste e ho chiesto a Laura (la moglie, ndr.) di farmi una foto perché doveva stare subito sui social. Ogni volta che torno mi fa piacere tornare a Formello, a trovare degli amici. E' da 30 anni che molti sono qui, mi fa piacere tornare a casa. L'ho detto la prima volta che sono venuto qui e lo ripeto ora: sento che qui è casa mia. Ho salutato Laura Zaccheo, con lei sono molto legato, ma anche tutti i magazzinieri. Davvero tutti, non voglio lasciare nessuno fuori: ora gli chiederò a tutti il numero di telefono. Qui a Formello è cambiato tutto, anche lo studio, prima eravamo solo con un tavolino e adesso è meraviglioso. Farò tante foto e le metterò sui social. 

Sinisa? Era un uomo vero, una persona meravigliosa oltre al calciatore. Lui ha lasciato un segno immortale qui alla Lazio, come lo ha lasciato dentro di me. Quando sono arrivato qui ero un ragazzino, i ricordi con Sinisa sono tra i più belli che ho, e come giocatore non c'è niente da dire. Era un animale. Qui a Roma ho dei fratelli, li ho conosciuti 24 anni fa e ancora li sento. Ogni volta che sento la gente che mi vuole bene mi si apre il cuore e comincio a parlare, forse anche troppo (ride, ndr.).

Taty? Purtroppo oggi come argentino è solo nella Lazio, ai miei tempi eravamo di più ed era più facile. ma lo dico sempre lui è un attaccante strepitoso: ha il gioco aereo, gioca bene con la palla, fa movimenti stupendi. Vedremo se avrà più spazio, deve lottare fino alla fine. Ha grinta? Per forza, è argentino. Deve aspettare solo il suo momento: ma lui sa cosa fare alla Lazio. Mi auguro di vederlo in campo e di fare tanti gol. Deve solo avere più fiducia e avere tempo in campo. Il gioco è quello che ti da la tranquillità, oltre i gol ovviamente. Il calcio è così, da un giorno all'altro diventi re. A me è successo con il gol al derby.

Quando vedo i derby e segna la Lazio esulto sempre come quando segnai io, ho i brividi. Quando segnai io non avevo ancora capito cosa era il derby, appena è finita ho cominciato a sentirmi dire dalla gente: 'Non sai cosa hai fatto!" e io pensavo di aver fatto solo un gol. Nesta mi diceva addirittura di aver fatto la storia, i tifosi mi facevano i regali e allora cominciai a capirlo. E ancora adesso lo capisco, dopo 23 anni ancora mi chiamano per ricordarlo. Essere un figlio di questa Lazio fu un piacere eterno. Anche se non ho vinto i campionati entrai nella storia grazie al gol al derby.

Cosa faccio? Ho fatto il corso di allenatore in Argentina, abbiamo allenato una squadra in Serie B e adesso il nostro procuratore, Matias Messi (fratello di Lionel, ndr.), è al lavoro. Speriamo bene perché fare l'allenatore in Argentina è un disastro: ti danno poco tempo, se non vinci subito ti mandano via, non ti lasciano lavorare bene. Sono insieme con un altro allenatore, vogliamo fare una bella carriera ma per farlo ha bisogno di tempo di lavoro ma in Argentina per esempio prendono 5 allenatori in un anno. Mi piacerebbe prima o poi tornare qui, ma a fare qualsiasi lavoro: il mio cuore è sempre biancoceleste.

Arrivano meno argentini? E' cambiato il calcio rispetto a quando ci stavamo noi, il calcio italiano è calato rispetto a 20 anni fa. Quando arrivai io la Serie A era il top: la Lazio era il Manchester City di oggi. C'erano solo campioni, chi era in Nazionale giocava alla Lazio: quando giocavano le nazionali a Formello rimanevamo in 2/3 ad allenarci. Oggi i giocatori scelgono altri campionati. I ragazzi pensano anche ai soldi, ma queste cose ci stanno. 

Scaloni? Lui lo avete visto qui, scherzava, una persona meravigliosa. Ha trovato una squadra vera: ha capito che Messi è Messi e il resto della squadra deve essere attaccata a Leo. Se Leo non riesce a correre, dietro ce ne sono 10 pronti a correre per lui e questo è ciò che ha cambiato Scaloni".