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Candreva: “Volevo chiudere alla Lazio. Fascia e 26 maggio, vi spiego. E oggi…”

Klose e Candreva
Le parole dell’ex calciatore biancoceleste, intervenuto ai microfoni di Radiosei all’indomani dell’annuncio del ritiro dal calcio giocato
Stefania Palminteri Redattore 

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È intervenuto ai microfoni di RadioseiAntonio Candreva. L’ex calciatore della Lazio ieri ha annunciato di aver appeso gli scarpini al chiodo e ha quindi ripercorso la sua storia in biancoceleste soffermandosi anche sulla Lazio di Baroni. Queste le sue parole: “Ieri ho annunciato sui social l’addio al calcio, anch’io sono rimasto un po’ spiazzato, non volevo (ride, ndr). Sulla mia scelta è stata decisiva l’assenza di un progetto che potesse coinvolgermi. Sono soddisfatto di quello che ho fatto fino a 38 anni, anno in più anno meno, questo non cambia le cose e la mia carriera. Ora la mia intenzione è quella di restare nel mondo del calcio. È stata la mia vita, ora devo scegliere bene cosa ho intenzione di fare, quale può essere il mio ruolo.

Mi piacerebbe fare tantissimo l’allenatore, ma è un mestiere complicatissimo. Un tecnico deve pensare a mettere insieme 25 teste che pensano a se stessi. Anche allenare i giovani può essere una cosa interessante, può essere un punto di partenza. Un po’ come Inzaghi? L’ho vissuto quando allenava nel settore giovanile della Lazio ed ha sempre vinto. Ha fatto un percorso giusto, ora è un grande allenatore. Mi sentivo ancora in grado di far qualcosa, mi sono anche offerto alla mia squadra, alla Lazio, ma non c’è stata l’opportunità. Ho chiamato e chiesto se fosse stato possibile chiudere la carriera a Roma, ma va già bene ciò che ho fatto in biancoceleste. Non mi aspettavo un ok, sapevo fosse difficile per la questione delle liste. È stato solo un tentativo, ma senza pretese. Io come Pedro? Lui è fuori concorso, ha vinto 26 trofei, è un campione incredibile.

Sono felice del percorso della squadra di Baroni, sta facendo bene e valorizzando giocatori. Sta facendo un grande campionato. Baroni mi ha sorpreso, non pensavo facesse così bene da subito. Ha dato un’impronta importante, in modo bello e gioioso. Poi delle battute d’arresto ci possono stare, ora è arrivato il momento di spingere sull’acceleratore. C’è ancora tanto da dimostrare, da fare, si può fare bene. Ho giocato in grandi squadre, ho realizzato i sogni di quando ero bambino. Il mio unico rammarico è stato quello di aver giocato in una Lazio in costruzione. Abbiamo fatto anni fantastici, ho perso due finali, potevo avere qualche trofeo in più in bacheca. Quando sono andato via c’è stata un’ulteriore crescita della squadra e del club. Il cross a Lulic nel 26 maggio resterà nella storia, mi sarebbe piaciuto provare a vincere lo scudetto a Roma.

Quando sono arrivato a Roma, ero in macchina con Maurizio Manzini ed ascoltavamo Radiosei. Ho sentito tanti insulti, ho capito subito dove ero arrivato e cosa dovevo fare. Il gol al Napoli ha cambiato tutto. Alla Lazio mi sentivo importante, bello, protagonista con una corazza, con responsabilità importanti. Scendevo in campo con una forza disumana. Sono state dette tante cose su di me, anche che ho rifiutato la fascia di capitano. Mai accaduto, anche se ci sono rimasto male quando mi è stato detto da Pioli che ero stato scelto come vice di Biglia. Lì ho solo pensato che quello lo avrebbero meritato altri come Marchetti, Lulic e Radu.

Tchaouna e Dia? Sono due bravissimi ragazzi. Dia nel primo anno di Salerno è stato fantastico, poi sono accadute delle cose con società e procuratori che lo hanno penalizzato. Parliamo di un giocatore forte, è stato anche fortunato ad essere preso da una squadra come la Lazio. Tchaouna è giovane ed interessanti. Deve capire bene quale sia il suo ruolo, ancora oggi non ha una collocazione precisa per imporsi. Quello che mi ha fatto una grandissima impressione è Isaksen. Ha preso fiducia nei suoi mezzi, è bravo ed ha mezzi importanti”.

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