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Baroni
Ritmi serrati per i tanti impegni: come già accaduto in passato a ridosso delle sfide europee, niente conferenza stampa della vigilia in casa Lazio. Parole inedite del tecnico biancoceleste Marco Baroni arrivano però ugualmente grazie all'intervista andata in scena su Rai 2 durante Dribbling. Queste le parole dell'allenatore della Lazio. “Io non voglio che la squadra si ponga dei limiti. Sembra che io voglia scappare dalle domande ma non è questo: siamo ambiziosi, io in prima persona. Spesso ai miei ragazzi dico: ‘tasche vuote’, che vuol dire aver dato tutto, essere consapevoli di aver dato tutto quello che si aveva in campo. Non esistono formule vincenti, ma un percorso e una strategia. Ho scelto quella del coinvolgimento. Mi piace sempre sbagliare per secondo e quindi ho dato loro l’idea di avere ventidue giocatori. Tutti hanno saputo cogliere al volo ogni chance.
Sono sempre i giocatori, quelli meno utilizzati, che diventano poi fondamentali e ti portano poi a raggiungere un obiettivo. I calciatori devono portare sul campo questa emozione, che diventa un transfer. Sacrificio, passionalità, spendere tutto se stessi. Questa è la più bella immagine che le persone sugli spalti, che soffrono durante la settimana e fanno sacrificio, possono ricevere, al di là del gioco e del risultato. Lotito è un presidente che fa lavorare, protegge anche il lavoro non solo del tecnico ma anche delle persone intorno. Dal direttore sportivo alla squadra. Per un allenatore è la situazione ideale. Ci confrontiamo, parliamo: per adesso il rapporto è molto buono. Non bisogna mai dimenticare da dove si viene e come ci si è arrivati, quando lo si dimentica si perde molto.
Gianni Di Marzio? Quando sono andato a Lecce ha parlato molto bene di me su una pagina locale. Scrivendomi un messaggio mi disse che mi sarebbe costata dodici bottiglie di vino, gli dissi che non vedevo l’ora di farlo. Poi purtroppo non è potuto accadere. Sono caparbio. Il messaggio che posso dare a chi guarda Baroni è quello di chi ha fatto un percorso credendo sempre in se stesso e in quello che faceva. Credo che anche i sogni che sembrano irrealizzabili, se ci si crede e non si molla e ci si mette la passione, si possono raggiungere. Il gol scudetto col Napoli forse era nel mio destino. In quella squadra rappresentavo la parte operaia, quel gol forse ha rappresentato anche questo: dovevo segnarlo io, con la punizione di Diego. Fu una liberazione per tutti, perché a Napoli si festeggiava da una settimana ma mancava una partita. Avvertivamo molto la pressione della città intorno. È stato il gol più importante”.
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