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Lazio, tutti i numeri della rinascita

redazionecittaceleste

Adesso Inzaghi deve ritrovare solo più equilibrio durante questa sosta. Va conservato il terzo posto per l'Europa che conta

ROMA - Sì, viaggiare» direbbe Lucio Battisti, spediti verso la Champions aggiungiamo noi. Perché il terzo posto agganciato domenica con tanto di sorpasso alla Roma mette i biancocelesti in pole per centrare l’obiettivo fissato ad inizio stagione. La Champions manca da 12 anni e dopo diversi tentativi a vuoto la squadra di Inzaghi sembra finalmente matura.

Della serie «di notte con i fari illuminare. Chiaramente la strada per saper dove andare. Con coraggio». Dal buio profondo dello 0-3 contro l’Atalanta alla luce del Risorgimento. In ventuno giorni la Lazio ha completamente ribaltato giudizi e prospettive. Quarta vittoria consecutiva, I biancocelesti non perdono dal 25 settembre, in 7 gare ha collezionato 5 vittorie e 2 pareggi. Ossia 17 punti, meglio di lei ha fatto soltanto la Juventus capolista con 19. Alla quinta giornata la Lazio era nona in classifica. Sette giornate settebellezze. Primo posto per differenza reti +15: la migliore in assoluto in A. Fece meglio soltanto nel 2017/18: +22. Ventotto gol segnati e 13 subiti. L’impennata arriva nei secondi tempi. Trend invertito rispetto all’inizio di stagione in cui i biancocelesti crollavano. Emblematico il ko contro la Spal. Nei secondi quarantacinque minuti ha il miglior attacco con 16 centri e la miglior difesa, 3 reti subite, della Serie A. Un moto d’orgoglio mosso anche dalle parole del presidente Lotito «Quel gran genio del mio amico…» che alla vigilia della sfida contro l’Atalanta disse: «La squadra non ha il mio carattere».

GESTIONE DELLE FORZE

Certo non è tutto rose e fiori e qualche accortezza va presa per non ritrovarsi a fine anno a masticare amaro per aver accarezzato per l’ennesima volta un sogno. E’ arrivato il momento di afferrarlo. Ci è riuscita l’Atalanta, perché non potrebbe farlo la Lazio. Senza il peso dell’Europa League, gestita malissimo, la squadra ora non ha alibi. Inzaghi deve essere bravo a trovare il giusto equilibrio alla squadra, ruotando gli uomini senza spomparli eccessivamente. Le passate stagioni devono servire sa insegnamento: non si può arrivare a marzo, quando ci si gioca la stagione, con i titolari rotti o affaticati. Ecco perché alle volte l’integralismo di Inzaghi mal si sposa con una rosa da gestire. E’ vero la coperta è corta però non si può accorciarla ancor di più per partito preso. Perché Cataldi gioca così poco? Perché Lukaku è sparito dopo Firenze? Inutile negare che per questa squadra Milinkovic (sembra finalmente essersi svegliato), Luis Alberto, Correa e Immobile siano fondamentali. Per assurdo il punto di forza dei biancocelesti rappresenta anche l’elemento che finisce per sbilanciare la squadra. Senza un difesa forte e con il solo Leiva a fare da schermo dietro va spesso in affanno. Dal punto di vista tattico Inzaghi deve ovviare ad alcuni squilibri: segna poco per quanto crea e subisce troppo per quanto concede. Domenica, ad esempio, al Lecce sono state regalate 8 palle gol. Non solo Inzaghi perché gli obiettivi si raggiungono tutti insieme. La società, a gennaio è chiamata a intervenire sul mercato: sia in entrata sia in uscita. Con una sola competizione ci sono troppi giocatori ma paradossalmente mancano le riserve nei ruoli chiave. Un vice Leiva (forse nel periodo più difficile da quando è alla Lazio), un vice Immobile e un vice Acerbi (non può fare tutti i ruoli della difesa) a restare stretti. Infine servono anche i tifosi. Le tribune mezze vuote sono uno spettacolo ingiusto per una squadra che sta conquistando tutti «gentilmente, senza fumo, con amore».

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