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ROMA - Centravanti spietato con la Lazio, bomber sofferente, quasi di scorta con l'Italia. E' la doppia vita di Ciro Immobile, che sogna disperatamente di diventare il centravanti simbolo della nazione, così come è per i biancocelesti. In azzurro però tutto è in salita. Irresistibile e implacabile sotto porta con la maglia biancoceleste, con una media gol da brividi, ben 93 reti in 141 partite: una ogni gara e mezzo, in tre anni con la casacca laziale. Questo in corso è l'inizio del quarto anno. Numeri importanti che, nel calcio del Bel Paese, attualmente hanno pochi attaccanti. Del tutto opposto, a tratti irriconoscibile se si confrontano i dati del club con il cammino in nazionale, dove la punta napoletana ha realizzato 8 gol in 38 gare, in quasi sei anni, visto che la prima presenza in Nazionale risale a marzo del 2014. Da non dimenticare che la rete siglata alla Finlandia di un mese fa è arrivata dopo due anni di digiuno. Dati e numeri, insomma, che, confrontati, sembrerebbero parlare di due giocatori diversi. Uno l'opposto dell'altro. Lui, Ciro, per un po' ci ha sofferto parecchio, poi, ritrovato gol, fiducia e sentimento con tecnico e ambiente, c'è passato sopra. E continua a farlo, nonostante contro la Grecia sia andato ancora a secco.
GIOCO INDIGESTO
E' un generoso e in campo non si ferma mai. Anzi è sempre pronto al sacrificio. In più nazionale fa spesso segnare. Vorremmo tanto che si prendesse la gloria coi gol nell'Italia, come accade nella Lazio, ma più si sforza, più non ci riesce. E la causa di tutto, probabilmente, sta nel gioco che attua Roberto Mancini. Poco importa che spesso vicino a lui ci sia Insigne, l'ex compagno con cui ha fatto meraviglie nel Pescara di Zeman. Ciro si esalta quando è il punto di riferimento in avanti e vive per attaccare la profondità. Nella Lazio ci sono Luis Alberto e Milinkovic che a occhi chiusi lo lanciano in verticale e lo vedono sempre, che sia a destra, a sinistra o al centro. In nazionale fatica ad emergere perché gioca spalle alla porta, perché il ct è ossessionato dalla tecnica e prova ad andare in porta più col fraseggio di qualità che con guizzi estemporanei. Una modalità che ha permesso agli azzurri di ritrovarsi e qualificarsi con tre gare di anticipo a Euro 2020, ma che vede più di altri soffrire il capocannoniere della serie A. Contro la Grecia è uscito fra gli applausi nel suo stadio e, per ora, questo compensa le delusioni sotto porta. Ma andando avanti così immobile rischia anche nel posto, anche perché se Balotelli ingrana sul serio, Mancini non ha mai nascosto che sia la punta del Brescia il suo centravanti ideale.
Cittaceleste.it
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