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Correa
Tre non è il numero perfetto. E’ il numero dei gol racimolati da Correa in campionato e in Champions. Questa doveva essere la stagione della consacrazione per l’argentino, invece è la conferma di un dato di fatto: il Tucu è e resterà forse per sempre incompleto, delizia e croce della Lazio. E’ un paradosso personificato: fenomeno in doppio passo, sotto porta goffo e imbranato. Quando parte palla al piede sembra quasi Ronaldo, ma al tiro si spezza l’incantesimo e riecco il brutto anatroccolo. Dopodomani pomeriggio tornerà titolare contro il Benevento, è lui la spalla di Ciro, a maggior ragione dopo la squalifica di Caicedo. Ma saranno opportune valutazioni definitive per il futuro, anche perché addirittura lui stesso avrebbe chiesto d’essere ceduto. Alla Lazio ormai dal 2018, Correa non può più essere aspettato, non può bastare il suo talvolta sterile dominio tecnico. E non può più dipendere solo dalle mitragliate d’Immobile (tra l’altro da 8 giornate a digiuno), l’attacco. Da una seconda punta ci si aspetta ben altro contributo sotto il profilo realizzativo. Mancano troppi suoi timbri all’appello, nonostante in gli scatti del Tucu siano fondamentali per ribaltare l’azione (come ai tempi di Felipe Anderson, ieri festeggiato dal club per il compleanno) e far allungare in verticale ogni avversario. Inzaghi da casa ha studiato questa tattica anche contro il fratello Pippo. Correa ha riposato e almeno dovrà garantire il turbo.
CONFRONTO
Contro lo Spezia in contropiede il suo assist per Lazzari è stato decisivo, ma Joaquin sotto porta si è divorato il mondo. Alla fine si è pure beccato il doppio giallo per un fallo ingenio. L’ultimo centro dell’argentino risale alla sconfitta con la Juve (1-3) del 6 marzo. Per ritrovarlo con una rete utile bisogna tornare a Bergamo al 31 gennaio (non segnava da novembre col Crotone in campionato) in cui, davanti a Gollini, fu irriconoscibilmente freddo e lucido. Speriamo che quel timbro nello scontro diretto possa essere eventualmente pesante, in caso di parità di punti al quarto posto, almeno a fine campionato. Ma da Correa ora serve ben altro nello sprint Champions, il confronto con le altre seconde punte sta diventando impietoso. In casa Milan ci sono a quota 6 Rebic e Leao, la Juventus ha gli 8 di Morata e Chiesa nel conto. L’Atalanta ha, oltre i 18 di Muriel, i 13 di Zapata come bottino, mentre è Lozano il secondo miglior marcatore con 9 centri dopo i 15 di Insigne sotto il Vesuvio. Meno male che Inzaghi può contare su Milinkovic e Luis Alberto, rispettivamente 7 e 8 gol, senza dimenticare gli 8 centri di Caicedo, solo per i suoi 32 anni e la scadenza sul mercato.
FUTURO
E pensare che Correa l’anno scorso concluse la serie A con 9 firme all’attivo. Speriamo possa sbloccarsi adesso, in Primavera è meno stitico di solito. Di sicuro però è già evidente il passo indietro. La Lazio quest’estate avrebbe potuto spedirlo alla Juve, ma a fine agosto era troppo tardi per rimpiazzarlo. Lotito disse no, forse oggi se n’è pure pentito. Ha una clausola da 80 milioni, l’argentino, ma per la metà stavolta potrebbe essere ceduto. L’agente Lucci ci sta lavorando da gennaio perché lo ha chiesto il suo assistito. In Premier potrebbe avere più mercato, il Liverpool si era già interessato e aveva fatto un sondaggio. L’impressione è che in tempi di Covid e svalutazione di ogni cartellino, fra i big biancocelesti Correa potrebbe essere più facilmente sacrificato. Le mire su Borré del River e altri attaccanti da parte di Tare non sono un caso.
Cittaceleste.it
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